In una fresca giornata di primavera, il 18 aprile 2018, noi ragazzi, delle classi I D,E e G, abbiamo effettuato un’uscita didattica a Viggiano,
un piccolo paese in Basilicata, che sorge sulla Val D’Agri. Il territorio montano, studiato attraverso le ricerche di geografia, è stato percepito nelle meravigliose passeggiate all’interno del paese. Estasiati dalle bellezze naturali del posto, da lontano, si possono ammirare i colori dei fiori e degli alberi, che offre la Val D’Agri.
Abbiamo visto, a Tramutola ,gli affioramenti naturali di petrolio, unici su terraferma .
Scortati dal sole e animati dall’entusiasmo siamo entrati nel Museo delle tradizioni locali, dove ci siamo ritrovati in un passato lontano da noi, fatto di tradizioni e usanze. E’ stato difficile capire il senso del “malocchio”, perché non appartiene alle nostre abitudini, la guida infatti, dopo avercelo spiegato, ci ha rimandato ai tempi dei nostri nonni.
Seguiti dalle ombre del passato ci siamo avviati verso il Santuario della Madonna Nera del Sacro Monte. Abbiamo trovato il parroco del paese che ci ha spiegato le origini della Madonna Nera, patrona della Basilicata, simbolo di spiritualità e di fede cristiana. Orientale nell’aspetto, l’immagine presenta un colorito olivastro; sorregge il Bambino, non lo abbraccia, ma lo sostiene donandolo agli uomini. La statua fu scolpita nel VI secolo e posta nella cattedrale di Grumentum, successivamente fu nascosta, dietro l’altare maggiore, per impedire ai Saraceni di distruggerla.
Dopo aver percorso questo viaggio alla ricerca della verità sulla Madonna Nera, siamo andati alla scoperta della tradizione delle arpe viggianesi, nata nel 700. Le arpe vengono costruite da artigiani seguendo alcune fasi ben precise.
Se chiudiamo gli occhi, risentiamo ancora l’eco delle belle musiche tradizionali che due giovani arpiste hanno suonato per noi.
Viggiano, quindi, comprende aspetti religiosi, culturali e tradizionali, basati su usanze antiche, che vivono ancora oggi.
Ore 10:00. Accompagnati dalle nostre insegnanti, siamo giunti a Tramutola, in Val d’Agri. Siamo accolti dal vicesindaco del piccolo paese che descrive le maggiori attrattive del luogo. Visitiamo la sorgente di acqua e petrolio che sgorga fin dall’antichità; siamo colpiti dalla sostanza nerastra (petrolio) che affiora in superficie presso il torrente Caolo, affluente del fiume Agri. La nostra guida, pronta a rispondere ad ogni nostra domande, ci spiega che questa sostanza ha delle proprietà mediche e pare che gli abitanti del luogo la utilizzasse. Riempiamo delle bottigliette di questo elemento che galleggia sull’acqua, soddisfatti di aver catturato il petrolio. Proprio la presenza di petrolio ha prodotto studi sistematici fin dal Novecento sugli idrocarburi in Val d’Agri. Nel 1996 fu realizzata una centrale ENI, il Centro Olio Val d’Agri è attivo dal 2001 . Attraverso dei sofisticati procedimenti tecnologici, gli idrocarburi sono soggetti ad alta lavorazione. Dopo essere stato estratto e sottoposto a vari controlli ed alla separazione dall’acqua e dal gas, il petrolio passa agli oleodotti che lo trasportano con un viaggio di 130 km alla raffineria di Taranto nel quale viene sottoposto alla distillazione frazionata che ha la finalità di produrre diverse tipologie di idrocarburi da trasformare in combustibili. Visitiamo infatti questa centrale accompagnati sempre dalla nostra guida che ci spiega in modo molto dettagliato i procedimenti. Siamo soddisfatti dei chiarimenti che ci vengono dati e ci sentiamo orgogliosi del fatto che anche da noi, a poco più di cento chilometri da casa nostra, c’è una tale ricchezza posta nelle viscere della terra, quella del più grande giacimento di idrocarburi dell’Europa continentale.